La metformina è un farmaco ipoglicemizzante molto noto e utilizzato nel diabete di tipo 2 che negli ultimi anni sta richiamando crescente attenzione per la sua attività antitumorale, suggerita da una serie di studi epidemiologici: pazienti oncologici che stavano assumendo metformina per il diabete hanno infatti evidenziato prognosi migliori rispetto a pazienti non diabetici, o in cura con alti tipi di antidiabetici. Confermato anche da diversi studi sperimentali in vitro ed in vivo, il meccanismo di azione del farmaco come antitumorale restava tuttavia per molti versi poco chiaro. In particolare, non si spiegava fino ad oggi una delle qualità fondamentale della metformina, ossia la sua selettività verso le cellule tumorali e la sua mancanza di effetti verso le cellule normali. Una caratteristica questa dimostrata peraltro dall’assenza di effetti collaterali anche dopo trattamenti prolungati in pazienti diabetici. A portare nuova luce su questo aspetto interviene il lavoro pubblicato su Oncotarget, frutto di una ricerca condotta da Michele Mazzanti, del Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano, e da Tullio Florio, del Dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Genova, con la collaborazione di Antonio Daga dell’IRCCS-AOU San Martino-IST e di Rodolfo Sirito dell’Ospedale Evangelico Internazionale di Genova. Al Fizz Show il prof. Mazzanti racconta i risultati sin qui prodotti:
Nello studio sono state utilizzate come modello sperimentale colture di cellule staminali di glioblastoma (uno dei tumori umani più aggressivi) e cellule staminali mesenchimali isolate da cordone ombelicale come modello di cellule staminali normali. Il trattamento con metformina induce effetti antiproliferativi solo nelle cellule staminali tumorali, la sottopopolazione tumorale che viene attualmente considerata il vero bersaglio farmacologico per evitare diffusione metastatica e recidive dei tumori. Al contrario, le cellule staminali normali non risultano sensibili al farmaco. I ricercatori hanno dimostrato che la selettività dell’azione della metformina nel bloccare la proliferazione delle cellule staminali tumorali dipende dall’inibizione della attività di una proteina che forma un canale del cloro denominata CLIC1 (chloride intracellular channel 1). Questa proteina è presente ed attiva a livello della membrana nelle cellule staminali tumorali, nelle fasi iniziali della duplicazione cellulare – e qui interagisce con il farmaco – mentre nelle cellule staminali normali è prevalentemente localizzata nel citoplasma, dove si trova in forma inattiva ed inaccessibile alla metformina. I ricercatori hanno anche dimostrato che quanto più il canale è attivo, tanto più significativa l’inibizione di CLIC1 da parte della metformina, tanto più efficace risulta l’azione antiproliferativa del farmaco. Un altro aspetto relativo all’uso della metformina sul quale si sono soffermati i ricercatori – un tema centrale nella prospettiva dell’eventuale utilizzo di questa molecola come antitumorale – è quello riguardante le dosi del farmaco, la soglia quantitativa minima per assicurarne l’efficacia. Precedenti studi condotti in vitro sembravano infatti indicare la necessità di raggiungere dosi molto elevate, difficilmente somministrabili in vivo. Ora, dimostrata la correlazione diretta tra attivismo del canale e efficacia del farmaco, lo studio di Mazzanti e Florio apre a nuove possibilità anche su questo versante: sollecitando l’attività del canale ionico e prolungando i tempi di esposizione al farmaco si determina infatti una significativa inibizione di CLIC1 e quindi della proliferazione delle cellule staminali tumorali anche a concentrazioni di metformina sensibilmente minori e farmacologicamente raggiungibili in vivo. “La ricerca sulle proprietà antitumorali della metformina deve naturalmente continuare – hanno commentato Michele Mazzanti e Tullio Florio – e trials clinici sono attualmente in corso, ma siamo convinti che la scoperta del meccanismo molecolare che sta alla base della selettività antiproliferativa della metformina possa rappresentare un supporto allo sviluppo e al possibile utilizzo, in futuro, di questa molecola per la terapia dei tumori”.