LA MEMORIA DEGLI OGGETTI. LAMPEDUSA, 3 OTTOBRE 2013. DIECI ANNI DOPO.

A Milano, presso il Memoriale della Shoah, si è inaugurata la mostra La memoria degli oggetti. Lampedusa, 3 ottobre 2013. Dieci anni dopo.

Prodotta da 8 per mille Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, è un progetto di Carta di Roma e Zona, ideato e curato da Paola Barretta, Imma Carpiniello, Valerio Cataldi, Adal Neguse e Giulia Tornari, con le fotografie di Karim El Maktafi. A dieci anni dal naufragio del 3 ottobre 2013, quando al largo di Lampedusa persero la vita 368 persone, donne, uomini e bambini che dall’Eritrea cercavano di raggiungere l’Europa, l’esposizione ricorda la prima grande tragedia del Mediterraneo. Per la prima volta infatti, quel giorno di inizio ottobre, i corpi dei naufraghi furono visibili al mondo intero. Un evento che cambiò la percezione dei naufragi e che scatenò una reazione emotiva a livello politico, mediatico e sociale. Da quella tragedia, dal 2014 a oggi, si contano oltre 31.000 persone morte nel Mediterraneo con la speranza di raggiungere l’Europa.

Al Fizz Show abbiamo raggiunto Giulia Tornari.

Presentata negli spazi del Memoriale della Shoah, luogo simbolo della memoria, la mostra, che sarà aperta fino al 31 ottobre, comprende gli oggetti e le foto appartenuti ai migranti e il lavoro fotografico inedito di Karim El Maktafi che li ha documentati attraverso degli still-life, ma anche  immortalato il mare e i paesaggi di Lampedusa, luogo simbolo di approdo ma anche di tragedie e naufragio, e realizzato i ritratti di alcuni dei soccorritori come Giusi Nicolini, già Sindaco di Lampedusa, e di alcuni sopravvissuti e parenti delle vittime. Arricchiscono l’esposizione gli audio dei primi che prestarono soccorso, il video del barcone inabissato e i servizi televisivi di Valerio Cataldi, il giornalista Rai che a dicembre 2013 rivelò al TG2 il trattamento disumano riservato agli ospiti del centro di prima accoglienza dell’isola teatro della strage, che poi venne chiuso.

Altro protagonista al Memoriale della Shoah è Adal Neguse, rifugiato eritreo, con i suoi disegni e la sua storia: fratello di Abraham, vittima del naufragio, racconta con i tratti della matita le atrocità delle torture subite dai giovani del suo Paese che tentano di scappare dal regime. Non esiste alcun tipo di documentazione delle torture, per questo Adal le ha disegnate e i suoi disegni sono stati acquisiti come prova dalle Nazioni Unite nella risoluzione che condanna il regime eritreo per crimini contro l’umanità. Oggi è un cittadino svedese, approdato a Malta su un barcone, rimpatriato e rinchiuso in un carcere sull’isola di Dalak, nel Mar Rosso e poi torturato.

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