MARZADRO

Nuovo appuntamento con le eccellenze italiane. Oggi raccontiamo la storia della Distilleria Marzadro, nata nel 1949, insieme ad Alessandro Marzadro.

Un pò di storia

La storia della Distilleria Marzadro sembra un film in bianco e nero, il racconto di un’epoca che appare oramai remota ma che, in realtà, non lo è. Sono gli anni dopoguerra, in un’Italia nella quale la povertà non lasciava scampo, soprattutto nelle regioni di montagna come il Trentino. Per questo motivo le ragazze in difficoltà andavano “a servizio” dai signori, sfuggendo agli affanni e trovando condizioni di vita accettabili nelle case più agiate. Anche Sabina Marzadro non fu di certo risparmiata da questa dura realtà e, dopo aver trascorso 12 anni a servizio presso la casa di un deputato a Roma, tornò nella sua regione dove, ad attenderla c’era ancora il fratello Attilio, da sempre attivo contadino. Sabina però tornò a casa con la ferma volontà di cambiare vita e, nel suo bagaglio portò un sogno: quello di intraprendere l’arte del distillatore e fare della buona Grappa usando le vinacce che svaporavano nei cortili delle case dei vignaioli. Nella vecchia casa di Brancolino di Nogaredo, Sabina riuscì con molti sforzi a farsi costruire un piccolo alambicco a fuoco diretto da Arnoldi, un calderaio molto conosciuto. Impegno e fatica erano la regola quotidiana, soprattutto per uscire, una volta per tutte, dalla triste condizione di povertà. Ecco l’anno della svolta, il 1949 quando, nel cortile di casa, iniziarono ad arrivare i primi carri colmi di vinacce. Da qui anche i primi clienti e la visione ben chiara che per farsi conoscere nel mondo delle distillerie era fondamentale produrre Grappa di qualità a prezzi contenuti. Al bar sempre più di frequente si sentiva dire: “dammi una Marzadro”. Non era mai successo che un bicchierino avesse il nome di una famiglia. Materia prima ottima, tanta passione, tenacia e la fila degli acquirenti alla porta. Attilio dava una mano a Sabina nella piccola distilleria e poi via, in sella alla Moto Guzzi con il sidecar colmo di bottiglie da vendere a Rovereto e in tutti i paesi vicini. Sabina, quando non distillava, non perdeva occasione di salire in montagna per raccogliere erbe alpine spontanee, radici e bacche da sposare alla Grappa: asperula, mugo, ortica, ginepro, ruta. Una donna che sapeva alla perfezione quando era il momento giusto per cogliere le erbe e, nella sua estrema precisione, era solita annotare appunti e dettagli in un taccuino: un prezioso tesoro di saperi passato poi in mano ad Attilio il quale, con il trascorrere degli anni, continuò a far crescere la distilleria. Nel 1960 Sabina lasciò la conduzione della distilleria al fratello Attilio, ormai indiscusso esperto della Grappa e di tutte le procedure per la produzione. Al suo fianco Teresa, la moglie che gli diede alla luce sei figli. Donna decisa ma amorevole, dolce ma irremovibile, Teresa fu un tassello fondamentale per la creazione dell’azienda che noi oggi conosciamo. Una moglie e una mamma che seppe legare all’importanza dell’educazione dei figli la volontà di offrire il suo contributo nelle mansioni della distilleria. Nel 1964 l’esigenza di uno spazio più ampio e la necessità di un impianto di distillazione più efficace divennero reali. Si assiste a un rinnovamento generale dell’azienda: la nascita di una nuova distilleria a pochi passi dalla casa, dove si era lavorato per tanti anni. In aggiunta un ufficio, una grande pesa in cortile utile per pesare i carri colmi di vinacce e una fila di alambicchi luccicanti. In chiusura anche una stanza per la fase finale dell’imbottigliamento e un piccolo negozio per la vendita al dettaglio. La produzione e la vendita della Grappa si rivelò una scelta fortunata. Fu così che Attilio acquistò una Fiat Giardinetta Belvedere, l’unica auto del paese in quegli anni. Un’automobile dalle molte funzioni visto che, oltre a essere usata per le consegne, era utilizzata per tutte le emergenze dei paesani, come per esempio quando una donna doveva partorire ed era indispensabile raggiungere l’ospedale di Rovereto in poco tempo. Una volta cresciuti i figli iniziarono presto ad aiutare Attilio, soprattutto Stefano, Erino, Andrea ed Elena ai quali, pochi anni dopo, si unirono anche le figlie più piccole, Anna e Fabiola. Una storia di famiglia… una passione che Attilio, orgoglioso dei suoi discendenti, tramandò nei minimi dettagli anno dopo anno, svelando alla sua numerosa famiglia tutti i segreti dell’Arte del Distillare. Anno 1975 e la Distilleria Marzadro diede il via a una rivoluzione: lanciò la Grappa fatta da monovitigno, nel loro caso specifico prodotta da vinacce di uva Marzemino provenienti dal vicino paese di Isera. Un successo immediato, soprattutto in un’epoca nella quale le Grappe da monovitigno erano una novità assoluta. Il profumo varietale, la ricchezza del vitigno e la mano del distillatore si unirono in un insieme inimitabile di sensazioni, un mix che, fino ad allora, sembrava appartenesse solo al vino. Alla fine degli anni Settanta arrivarono i nuovi scintillanti alambicchi in rame a Bagnomaria. Prima, per riscaldare le vinacce, il fuoco si accendeva direttamente sotto la caldaia e l’attenzione per regolare l’intensità della fiamma doveva sempre essere altissima. Con il sistema a Bagnomaria invece, la caldaia è immersa nell’acqua. Quest’ultima, dopo essere stata riscaldata, ha il compito di trasmettere il calore alle vinacce sino al raggiungimento della giusta temperatura. Il riscaldamento così è più graduale e dà modo al vapore di arricchirsi di tutti gli aromi e dell’alcol necessari per ottenere una Grappa eccellente, più morbida e profumata. È un procedimento che richiede tempi più lunghi ma assicura un prodotto di qualità superiore. Agli inizi degli anni Ottanta, Attilio passò la piena responsabilità della distilleria ai figli, restando comunque sempre un valido supporto. In quel periodo però, i “nuovi” distillatori Marzadro dovettero subito fare i conti con la crisi della Grappa. La Grappa “commerciale”, accompagnata da grandi marchi e da massicce campagne pubblicitarie, divenne la protagonista. La risposta alla crisi da parte dei fratelli Marzadro non tardò ad arrivare: si diede vita a un nuovo prodotto, in linea con le emergenti richieste del mercato ma in pieno stile trentino. Nacque così il primo liquore a base di Grappa con i gustosi mirtilli del Trentino, raccolti a Baselga di Pinè, a 1000 metri di quota e poi inseriti manualmente nel collo delle bottiglie uno a uno. Unita da grande complicità e dalla passione per il distillare, la famiglia si allargò ulteriormente. Anche Attilio, forte del suo passato, iniziò a seguire i nipoti e a trasmettere loro il suo bagaglio di sapere, fatto di passione, di impegno e di anni di lavoro. Le nuove generazioni furono subito pronte ad accogliere l’eredità del nonno dando, con il trascorrere degli anni, il loro contributo innovativo, trasformando la Marzadro in una realtà dinamica e in continuo aggiornamento ma sempre legata alle sue solide radici. Finalmente, passata la crisi, la Grappa di qualità tornò a essere apprezzata in Italia e a espandersi fuori dai confini nazionali. La Marzadro, mantenendo la distilleria di Brancolino con la bottaia e i locali adibiti all’invecchiamento, sentì però la necessità di svilupparsi ulteriormente, così da avere nuovi spazi per i magazzini, gli uffici e l’imbottigliamento. Rovereto, poco distante dalla storica sede, sembrò la soluzione più adeguata e… da qui prese vita un’altra grande avventura di famiglia che ancora oggi continua.

L’arrivo del nuovo millennio inevitabilmente cambiò il mondo del lavoro ma, pur accettando e facendo tesoro delle migliorie che i nuovi anni stavano portando, la Marzadro continuò a mantenere intatti sia la tradizione, sia il valore aggiunto del lavoro “fatto mano”. Per questo, al contrario di quanto stava accadendo dalle altre parti, si decise di sviluppare e ingrandire il “laboratorio artistico”, dove artigiani artisti personalizzavano le bottiglie con disegni e dediche dipinte a mano, dando l’opportunità a ogni bottiglia di trasformarsi in un pezzo unico. Ancora un sogno accomunava la famiglia Marzadro: creare una distilleria efficiente e grande abbastanza per poter svolgere tutti i compiti al suo interno e dove si potessero accogliere i numerosi visitatori, provenienti da tutta Europa. Nel 2004 a Nogaredo, a 1 km da Brancolino, parte della campagna coltivata a vite di Attilio si trasformò in pietra, legno e vetro… nacque una distilleria dall’architettura armonica, tradizionale nella forma ma moderna al suo interno. Furono quindi trasferiti da Brancolino a Nogaredo la distilleria, la bottaia, gli uffici, il magazzino e il reparto di imbottigliamento. Il nuovo impianto di distillazione, di forma circolare e composto da 8 alambicchi a Bagnomaria, è una foresta di rame illuminata dalla cupola in vetro che la sovrasta. Efficiente e di grandi dimensioni, realizzato artigianalmente come la tradizione insegna. Sono anni difficili per tutti, ma lo spirito di iniziativa e la convinzione di avere un prodotto di qualità, unico nel mondo, sono i motori trainanti. I successi e i premi continuano ad arrivare copiosi, segno che quanto è stato fatto sino a oggi ha portato frutti eccellenti. In aggiunta, un territorio ricco e generoso come il Trentino alimenta la voglia di crescere e il coraggio di affrontare sempre nuove scommesse. Il sogno di Sabina e Attilio è oggi realtà, e la famiglia, che li ricorda con immenso affetto e stima, è più unita che mai.

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